La nuova rotta della BCE
La Banca centrale europea (BCE), nella riunione di ieri, ha modificato la propria strategia di politica monetaria: ha stabilito che gli acquisti di titoli, da ottobre a dicembre, si ridurranno a 15 miliardi al mese, dagli attuali 30, per poi giungere allo stop definitivo. I tassi sono stati ufficialmente confermati: 0% il tasso di riferimento, -0,40% quello sui depositi alla Bce, +0.25% quello sulle operazioni di rifinanziamento marginale (marginal lending facility) e resteranno fermi, «almeno fino all’estate del 2019 e comunque per tutto il tempo necessario ad assicurare che l’evoluzione dell’inflazione resti allineata con le attuali aspettative di una rotta sostenuta di aggiustamento» verso il 2%, target fissato dalla BCE. L’euro si è portato sotto quota 1,16 dollari, mentre le Borse europee sono tornate in positivo. Lo spread dei BTp sui Bund ha raggiunto 250 punti base, dai 236 della chiusura di mercoledì, per poi rintracciare: il rendimento del BTP 10Y si è riportato al 2,8%.
L’eurozona sta completando la fase di recupero del ciclo economico e ora deve far fronte alle pressioni sui prezzi dovute anche all’impennata del petrolio. Dopo aver superato il 2,7% anno su anno nel 4Q17, la fase di crescita si è attenuata, facendo si che le previsioni della BCE per l’intero anno venissero riviste al ribasso al 2,4%. E’ improbabile che si ripeteranno le ottime performance di esportazione netta dell’anno scorso, anche se le esportazioni verso la Cina sono cresciute del 17% nel 2017 e ciò dovuto al forte ciclo di crescita del Paese, che ora sta rallentando.
Dopo una fase economica negativa, il seguente periodo di “recupero” di solito vede l’economia crescere più velocemente rispetto al suo tasso di crescita potenziale. Ma questo processo si arresta quando si verificano problemi di capacità e si manifestano pressioni sui prezzi. A meno che il nuovo investimento non accresca la produttività , la seguente fase “espansiva” vede, quindi, la crescita rallentare verso il suo livello potenziale. L’eurozona si trova proprio in questa situazione: le indagini mostrano, infatti, carenze di mezzi e manodopera ai massimi livelli dal 1982. Anche i salari aumentano in tutte le grandi economie. In teoria questa situazione dovrebbe innescare un ciclo di consumi di capitale, ma il problema è che l’aumento dei costi riduce anche i profitti e tende a trasformarsi rapidamente in una recessione. Quindi la vera domanda è se l’Europa possa uscire dal suo impasse. Inoltre, risulta chiaro che un’ulteriore impennata dei prezzi del petrolio ridurrà i salari reali. Allo stesso modo, dopo il turbolento vertice del G-7 degli scorsi giorni, non si possono escludere ulteriori aumenti tariffari “tit-for-tat (occhio per occhio)” a causa della guerra commerciale tra Stati Uniti e Unione Europea. Pertanto, in base all’attuale ciclo economico europeo, può essere opportuno privilegiare i titoli ciclici legati alla domanda dell’eurozona, escludendo le banche a causa della loro esposizione alla volatilità politicamente indotta.
Di seguito l’ultima nota settimanale del nostro ufficio di Milano.
Mercati nota settimanale – 15 06 2018
- Panoramica Macro
- La nuova rotta della BCE
- Parigi e Berlino verso l’armonizzazione fiscale
- L’ottovolante dei prezzi dei btp italiani