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Tra rallentamento e banche centrali: dove preferiamo investire

by Giacomo Calef

Tra rallentamento e banche centrali: dove preferiamo investire

I dati economici rischiano di peggiorare e il rallentamento globale prosegue, con lo spettro delle diatribe commerciali e delle questioni europee ancora irrisolte, tra Brexit e situazione politico-economica italiana. Per fronteggiare tale situazione le banche centrali, prime su tutte la FED e la BCE, si sono dichiarate disponibili ad adottare tutte le misure di politica monetaria espansiva a loro disposizione.

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Da parte della FED si profila la possibilità di un taglio dei tassi di interesse entro la fine dell’anno (addirittura secondo alcuni analisti già a Luglio), in quanto i rischi derivanti dalle tensioni commerciali si stanno facendo sempre più vivi e potrebbero cominciare ad avere un impatto negativo sull’economia americana, che ad oggi risulta comunque solida.

La BCE, invece, ha promesso che farà tutto ciò che in suo potere per portare il livello del tasso di inflazione al suo target obiettivo, ovvero il 2%, o addirittura per superarlo, in modo da sostenere indirettamente l’economia reale. La notizia più recente riguarda il nome di chi sostituirà Draghi in qualità di Presidente a partire da Novembre di quest’anno. Il successore sarà Christine Lagarde, attuale direttrice del Fondo Monetario Internazionale, e tale cambio di vertice è stato accolto dai mercati in modo positivo, in quanto si prevede che nell’era post-Draghi verrà sostenuta ulteriormente una politica monetaria ultra-accomodante. Pertanto, rimane possibile un taglio del tasso sui depositi (già negativo) oppure l’avvio di un programma di acquisto di titoli di stato, attraverso un nuovo Quantitative Easing.

Dunque in Europa ci attendiamo ancora per molto tempo un contesto di tassi di interesse bassi e, alla luce dell’incertezza del quadro economico-politico, potremmo dire che sul comparto obbligazionario troviamo più rischio che rendimento. Anche il Treasury Yield a 10 anni è sceso ai minimi: il rendimento è passato dal 2,50% circa di inizio Maggio a valori attuali leggermente al di sotto del 2%. In questo periodo è stato un buon strumento di hedging da utilizzare in portafoglio per diversificare e creare decorrelazione tra le asset class, tuttavia, anche in considerazione del fatto che il tasso di inflazione USA sia al di sotto del target, non rileviamo più valore nei titoli di stato americani. Pertanto, preferiamo focalizzarci sul comparto azionario. A seconda di quanto l’investitore sia disposto o meno a sopportare le possibili ondate di volatilità, che potrebbero manifestarsi soprattutto ad Agosto a causa dei bassi volumi di scambio, possiamo orientarci su due soluzioni di investimento. La prima, se accettiamo volatilità in portafoglio, può essere quella di andare su titoli di qualità. In tal caso noi preferiamo quelli votati a generare profitti sopra la media nel lungo periodo e a superare i momenti di debolezza del mercato. Altrimenti, meglio concentrarsi su titoli difensivi e anti-ciclici, magari costruendo un sub-portafoglio che offra interessanti flussi di cassa in termini di dividendi, a protezione del proprio patrimonio. Considerando che ci troviamo in un periodo di crescita economica fiacca, una volta ottenuto un profitto, potremmo cristallizzare e portare a casa una buona parte dei guadagni, non appena prevediamo l’inizio di un potenziale periodo di volatilità e ribassi sui mercati.

Fonti: Sole 24 Ore, Bloomberg, IHS Markit

Di seguito l’ultima nota settimanale del nostro ufficio di Milano.

Nota settimanale 05 07 2019

  1. Panoramica macro
  2. Tra rallentamento e banche centrali: dove preferiamo investire
  3. L’industria degli Hedge Fund è al capolinea?

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