Il punto sul mercato obbligazionario
Dopo un 2018 burrascoso è legittimo domandarsi se il comparto obbligazionario possa essere in grado di recuperare almeno una parte delle perdite subite in tempi ragionevoli e a basso rischio. La questione è complessa e merita un’analisi.
Oltre ad investire in euro, al fine non sopportare il rischio di cambio, per ridurre il rischio credito tipicamente si allocano i propri risparmi in titoli di stato. In Europa una politica monetaria ancora accomandante dopo la fine del QE e la crescente domanda di beni rifugio, sia per il 2019 che per 2020, manterranno bassi i rendimenti dei titoli dei principali Paesi Europei. Al momento ci si attende un rallentamento dell’economia e se il livello dell’inflazione dovesse rimanere al di sotto del target del 2%, è poco probabile che la BCE alzi i tassi almeno nel 2019 e questo potrebbe esercitare un effetto calmierante sui rendimenti.
In particolare, esistono dei fattori per cui il Bund tedesco possa sembrare un bene rifugio nel prossimo periodo. Innanzitutto sussiste un’alta probabilità per cui l’economia italiana rischi di cadere in recessione, il che significa che aumenteranno i timori riguardanti la sostenibilità del debito. Di conseguenza potrebbe aumentare significativamente la domanda per i Bund come bene rifugio, in considerazione anche di un probabile rallentamento delle attività economiche in Cina e USA. Tuttavia, si rende necessario sottolineare che almeno fino ad una scadenza di 5 anni, i rendimenti sono negativi, perciò comprare Bund equivale ad essere disposti a pagare un costo di assicurazione contro il default di un paese europeo o di una «Ital-exit», rischio che al momento non vediamo.
D’altro canto i titoli di stato italiani, seppur soggetti a volatilità , offrono rendimenti più interessanti, anche in termini reali. Quindi, se un investitore è deciso a portare a scadenza l’obbligazione e non vede il rischio di default, potrebbe detenerli in portafoglio senza preoccuparsi dell’andamento del prezzo.
Volendo guardare tra i titoli di stato, ricercando però un maggior rendimento, si potrebbero valutare i treasury americani. In questo caso la FED ha, negli scorsi mesi, alzato i tassi ed attualmente a due anni il rendimento supera di poco il 2,50%.
Va comunque considerato il potenziale rischio cambio euro/dollaro, che subisce la pressione di diverse variabili (flussi finanziari che si spostano da un continente all’altro, scelte di economia monetaria, andamento della crescita economica, ecc.). Per risolvere questo problema si possono utilizzare degli strumenti finanziari per la copertura, tuttavia si evidenzia che il costo da sostenere potrebbe essere tale da vanificare l’effetto positivo dato dal rendimento. Una soluzione per ottenere dei flussi cedolari e rendimenti interessanti potrebbe essere quella di detenere in portafoglio emissioni corporate americane, che al momento presentano degli spread relativamente alti anche sulle scadenze più brevi.
Fonti: Sole 24 Ore, Notz Stucki Research
Di seguito l’ultima nota settimanale del nostro ufficio di Milano.
Mercati nota settimanale – 18 1 2019
- Panoramica macro
- Il punto sul mercato obbligazionario
- Brexit: la bocciatura del parlamento
- La frenata del comparto bancario italiano