Punto di incontro tra Trump e la FED?
Donald Trump ha siglato la più rilevante riforma fiscale statunitense degli ultimi decenni per spingere il paese verso una forte crescita economica, attraverso manovre fiscali molto espansive, soprattutto attuando il consistente taglio della tassazione sui redditi delle imprese dal 35% al 21% con la contemporanea eliminazione di alcune detrazioni e crediti precedentemente previsti. Il presidente, utilizzando ancora il debito come arma, cerca di «gonfiare» l’economia con misure che sarebbero da usarsi se ci si trovasse in uno stallo economico.
La Federal Reserve, che persegue obiettivi diversi, di conseguenza ha deciso di aumentare in maniera graduale i tassi d’interesse per far fronte ad una possibile crisi inflazionistica, entrando in totale contrasto con la politica di Trump, il quale prevede per gli inizi del 2019 un rallentamento della crescita economica per via proprio di tassi d’interesse troppo elevati.
Il percorso di normalizzazione dei tassi di interesse può effettivamente raffreddare la crescita economica, ma permette alla banca centrale americana di avere munizioni da usare nel caso in cui l’America si dovesse affacciare ad una recessione. Per il presidente della FED, Jerome Powell, i tassi d’interesse sono ancora sotto gli standard storici e rimangono appena sotto il livello considerato neutro per l’economia, ovvero che non stimolano o rallentano la crescita economica.
Esistono ancora dei rischi in alcune aree, ma sono generalmente moderati: la policy della FED mira proprio a bilanciare questi rischi senza un programma monetario prestabilito.
Dunque non è previsto un aumento automatico del costo del denaro, ma si valuterà un’apertura verso Trump, per cercare di assecondarlo, preservando l’indipendenza della Banca centrale. Ad oggi come fonti di rischio vi sono: la trattativa sulla manovra economica tra l’Italia e l’Unione Europea, oltre ai negoziati sulla Brexit, sui dazi e sul commercio ed i rischi legati ai cyber-attacchi che possono far vacillare l’economia statunitense.
Il PIL statunitense nel terzo trimestre ha marciato al passo del 3,5%, invariato rispetto a iniziali letture, con consumi rivisti leggermente al ribasso e frenate degli investimenti invece meno pronunciate. Ma gli analisti prevedono un rallentamento, già al 2,6-2,7% nel quarto trimestre. Le vendite di nuove case a ottobre sono diminuite dell’8,9% da settembre e del 12% dall’anno scorso.
Di seguito l’ultima nota settimanale del nostro ufficio di Milano.
Mercati nota settimanale – 30 11 2018
- Panoramica Macro
- 2018: un anno complicato
- Punto di incontro tra Trump e la Fed?
- L’impatto dei dazi sulle esportazioni cinesi